giovedì 19 dicembre 2019

Abi: calano le sofferenze bancarie, ma anche i prestiti alle imprese


Come ogni mese, l'Associazione Bancaria Italiana (Abi) ha raccolto e addensato all'interno del suo bollettino periodico una serie di dati che permettono di delineare un quadro generale della situazione finanziaria in cui versa il "bel Paese". Dal documento emerge in primo luogo che a ottobre le sofferenze nette bancarie – che si ottengono sottraendo dal totale il computo delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dagli istituti facendo affidamento a risorse proprie – hanno toccato quota 31,4 miliardi di euro, a fronte dei 38,3 miliardi registrati un anno prima, dei 65,9 miliardi nell'ottobre 2017 e degli 88,8 miliardi nel novembre 2015, mese in cui fu raggiunto il picco massimo delle sofferenze nette. Rispetto ad allora, la riduzione è stata del 64,7%, pari a ben 57 miliardi. Anche il rapporto tra sofferenze nette e impieghi complessivi è diminuito di conseguenza, attestandosi all'1,80% rispetto al 2,26% dell'ottobre 2018, al 3,78% dell'ottobre 2017 e del 4,89% di quel critico novembre 2015.
Per quanto concerne il credito, la situazione si mostra invece meno lineare. Con i tassi sulle operazioni di finanziamento abbiano toccato i minimi storici (con una media del 2,50% sul totale dei prestiti). Ad un incremento complessivo dei mutui erogati alle famiglie del 2,4% rispetto all'ottobre 2018 in presenza di un tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni in leggero aumento (1,44% contro 1,40%), ha fatto da contraltare una contrazione della domanda del credito che ha portato a un calo dei prestiti alle imprese pari all'1,4% su base annua a fronte di una diminuzione del tasso medio sulle nuove operazioni di erogazione di credito alle imprese a quota 1,20%, rispetto all'1,31% di settembre; segno inequivocabile di sfiducia che l'universo produttivo ripone nei confronti dell'andamento dell'economia nazionale, nonché dell'incapacità della Banca Centrale Europea di trasferire liquidità dal sistema finanziario a quello legato alla produzione reale nonostante tassi ampiamente negativi (-0,5%).
Altri segnali di negatività si ravvisano sul versante della liquidità, che vede la crescente ricchezza complessiva degli italiani continuare ad essere parcheggiata senza essere investita né spesa. Lo dimostra il fatto che, nel mese di novembre, ai 1.577,3 miliardi di euro giacenti in conto corrente o in conto deposito andavano a sommarsi 240 miliardi di obbligazioni. In particolare, il trend segnalato dall'Abi indica che i depositi (in conto corrente, certificati di deposito, pronti contro termine) sono aumentati di oltre 116 miliardi di euro su base annua (con una variazione pari al 7,9%), e, per la prima volta dal 2012, la raccolta obbligazionaria (Buoni del Tesoro Poliennali, in particolare) ha anch'essa conosciuto una crescita, quantificabile nella fattispecie in circa 3,5 miliari di euro rispetto a un anno fa (pari a un aumento dell'1,5%). Sommando le due voci (depositi e obbligazioni), si ottiene un aumento della raccolta complessiva pari al 7%.
Nel rapporto redatto dall'Abi si evidenzia inoltre come il differenziale tra il tasso medio sui prestiti erogati e quello medio sulla raccolta nei confronti di famiglie e società non finanziari si mantenga a livelli decisamente contenuti (appena 192 punti base, rispetto ai 193 registrati nel mese precedente e agli oltre 300 raggiunti alla vigilia del crack di Lehman Brothers). Questo spread favorisce naturalmente famiglie imprese, ma penalizza gli istituti di credito in quanto va a rosicchiare i loro margini di guadagno.

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